IL bene monumentale più importante è il castello ducale che il re normanno Roberto il Guiscardo edificò nel 1073. Ha pianta quadrata e quattro torri cilindriche orientate verso i punti cardinali, con la torre mastio funzionale a resistere agli assedi e baluardo di difesa della sottostante pianura. È alta più di 30 metri e furono i Saluzzo a conferirle l’attuale forma che, costruendovi una torre ottagonale, passò da torre fortificata a panoramica da cui è possibile ammirare il Golfo di Corigliano, lo Ionio e il massiccio della Sila Greca.
All’interno, lungo le pareti si svolge una narrazione pittorica squisitamente neogotica: affreschi con scene della Gerusalemme Liberata del Tasso, episodi epici dell’antica Roma ed una carrellata di stemmi gentilizi eseguiti tra il 1870 e il 1871 dal fiorentino Gerolamo Varni. Di storie da raccontare questo maniero ne ha davvero tante. Dopo i Normanni, secolo dopo secolo, la rocca fu degli svevi, degli angioini, degli aragonesi, del viceregno spagnolo.
Nel 1490, per volere di Ferdinando d’Aragona la vecchia fortezza normanno-angioina viene trasformata in un vero maniero. Dopo la congiura dei Baroni, per accertarsi di quanto fedele gli fosse il popolo, Ferrante d’Aragona, duca di Calabria, nel gennaio del 1489 fa sosta a Corigliano e si sistema nel castello. Ma vi dormì male e malsicuro; decise così di riattarlo, a spese dei cittadini, come ricorda l’epigrafe fatta apporre sulla cortina d’ingresso a lato del ponte levatoio.
L’edificio rappresenta un perfetto esempio di
architettura difensiva del tardo Quattrocento, con torri angolari, cortine bastionate, fossato. Autore di quei restauri fu Antonio Marchesi da Settignano, al
servizio del duca di Calabria, incaricato di fortificare
i castelli del Regno. Si irrobustirono le cortine e si
elevarono le torri, creato il fossato e gettati ponti levatoi. Di sana pianta venne invece costruito il rivellino le cui forme hanno fatto ipotizzare la mano del geniale architetto senese Francesco di Giorgio Martini.
Oltrepassato il ponte levatoio, sormontato dal blasone dei Compagna, si accede ad un piccolo cortile dove si trovano le carceri, la polveriera, i camminamenti interni e le cucine. Salendo, si giunge alla piazza d’armi e da qui nelle sale del castello.
I Compagna, cedendo alle lusinghe dello spirito romantico in voga in quel tempo, nell’Ottocento abbellirono la fortezza con pitture e ornamenti neogotici. Il Salone degli Specchi, la gran sala per le
feste, è tra le cose più belle da vedere. È abbellito sullo stile delle nobili residenze della capitale del regno. Armonia di forme e colori, decorazioni in oro zecchino e cristalli di Boemia fanno da quinta alla balconata a trombe-l’oeil dipinta da Ignazio Perricci
nel 1872 che pitturò questo sala come la prima anticamera a mezzogiorno della reggia di Caserta. Dal soffitto, coppie di popolani in costume porgono il saluto agli ospiti; sullo sfondo, pezzi di vero cristallo, regalano l’illusione di essere sotto un cielo stellato.
Proseguendo il percorso (da non perdere la quadreria sparsa del XVIII-XIX secolo), la camera da letto del barone, la sala da pranzo e il caminetto con cariati di putto in finissimo marmo bianco.
Qualche sala più avanti, nella cappella voluta dal duca Saluzzo in una torre d’angolo, è la “Madonna con Bambino e Santi” (la Salve Regina!), una bella pala su tavola al centro di un trittico dipinto nel 1872 dal pittore napoletano Domenico Morelli.
Queste stanze videro principi e re: Ferrante d’Aragona re di Napoli nel 1489, Carlo III di Borbone re delle due Sicilie nel 1735, Vittorio Emanuele III di Savoia, come principe ereditario nel 1891 e poi come re nel 1932, suo figlio Umberto principe ereditario nel 1932.
Ora tutto questo è diventato il Museo Castello Ducale.