martedì 9 giugno 2020

Parco archeologico urbano di Brancaleone Vetus

PARCO ARCHEOLOGICO DI BRANCALEONE 

è un parco archeologico istituito nel comune di Brancaleone a protezione e valorizzazione dell'antico abitato di Brancaleone di nome "Sperlonga".

Edificato prima dell'anno 1000 è andato distrutto a seguito del terremoto del 1783




Situata su di un promontorio di arenaria è un esempio di architettura classica basiliana, architettura costretta da esigenze difensive ad avere una visuale completa della vallata sottostante.







Secondo il Natoli (cronista e storico attendibile) l’attività economica e culturale dei monaci Basiliani contribuì in modo profondo ad arricchire la civiltà locale di nuovi elementi culturali provenienti dal mondo Greco-orientale. Ne derivarono forme nuove di civiltà nei costumi, nei riti religiosi, nella lingua, di straordinaria originalità, favorito dalla “grecanicità” locale il monachesimo, ebbe un notevole sviluppo; molti furono infatti conventi e chiese da loro costruiti ed i loro resti oggi, costituiscono un patrimonio di notevole valore storico ed archeologico. Questi religiosi orientali, in un primo momento si adattavano ad abitare in delle grotte naturali oppure scavate per non essere preda delle scorrerie saracene, successivamente nel periodo dei Normanni intorno al XI° e XII° secolo, costruivano e dimoravano nei monasteri, costruiti con estrema sapienza maestria nell’uso dei materiali










































Secondo Sebastiano Stranges (studioso e archeologo locale) le grotte di Brancaleone Veus sono delle chiese-grotte, vi è infatti la presenza di una chiesa-grotta con pilastro centrale denominata appunto “dell’albero della vita” essa presenta al suo interno dei graffiti di Matrice Armena contraddistinti da una croce astile con un pavone stilizzato ai piedi della stessa nell’atto di reverenza verso il sacro simbolo. Essenzialmente la grotta, è molto affine alle grotte chiese dell’Anatolia, dell’Armenia e della Cappadocia.
A Brancaleone sono presenti molte altre grotte, distanti dal centro abitato, una tra le più interessanti è ubicata nella parte bassa della formazione rocciosa nei pressi della pista per i piani di Campolico, questa infatti presenta tre croci graffite tutte e tre in stile diverso.





































































mercoledì 29 gennaio 2020


Zeus e i suoi tanti amori. La mitologia greca sopravvive nella Grotta della Lamia, in Calabria

Belo, re d’ Egitto, ebbe una figlia bellissima. La chiamò Lamia e divenne regina della Libia. La sua bellezza cresceva con lei e questo particolare non sfuggì agli occhi di Zeus, anzi, entrò presto nel suo cuore. Lamia e Zeus ebbero molti figli e questo scatenò le ire di Era che, non sopportando né il loro amore né l’ affronto, scatenò tutte le proprie ire sulla progenie di Lamia e di Zeus, uccidendo tutti i loro figli ad eccezione di Scilla e Sibilla.

Lamia venne invasa dal dolore che fu così forte da trasformarla innanzitutto nel carattere; divenne vendicativa verso chi non aveva colpe, iniziò a succhiare il sangue dei bambini e a divorarli per infliggere la sua stessa sofferenza ad altre madri. Poi la trasformazione passò anche al suo corpo: la bellezza svanì, divenne un mostro in grado di mutare forma e di riassumere un aspetto seducente solo per poter attrare ragazzi e bambini da divorare, nella grotta  in cui fu costretta a ritirarsi.



Ma lo sapete che la Grotta della Lamia esiste davvero? Si trova in provincia di Reggio Calabria, nel comune di Montebello Ionico, in piena area Grecanica. E saranno stati proprio i Greci a dare il nome a quella grotta che allo sguardo, suscita un misto di fascinazione e paura. Il mito, poi, si è mischiato alla vita agreste della gente del posto, creando nuove storie, nuovi misteri che narrano di intere greggi risucchiate nel ventre della cavità ipogea.

Ad un primo sguardo però, l’ ingresso della grotta della Lamia appare proprio come una bocca spalancata, con quelle stalattiti e stalagmiti poco dietro, che completano il quadro un po’ spaventoso. Ma la paura presto lascia spazio allo stupore, alla consapevolezza di essere in montagna, lì alle pendici dell’ Aspromonte, e di calpestare un suolo marino. Strano, vero? Ma come spiega Serena Palermiti, vice presidente del Centro Studi per le Politiche Comunitarie e Territoriali di Reggio Calabria su www.ilquotidianoweb.it «La storia geologica della Terra d’Aspromonte è ancora più affascinante se si ha la fortuna di ascoltarla, camminando con passi leggeri sulla sabbia bruna di antichi fondali marini, nei selvatici antri illuminati e in penombra di un’amena Grotta, quale quella della Lamia. Rivivremo quasi quel ‘tempo geologico’ in cui il mare occupava questi luoghi, diversi milioni di anni fa» .



La cavità si apre a 910 metri di altitudine s.l.m., l’ area attualmente occupata da queste rocce calcaree non è eccessiva anche se alcuni sostengono che il percorso e la loro presenza è assai estesa tanto che, scavando ci si immetterebbe in cunicoli che, secondo la teoria di qualche anziano, giungerebbero fino a Motta San Giovanni.
Altri affermano, invece, che le grotte si estendono in profondità fino a giungere il greto del fiume. Si tratta di supposizioni, poiché la superficie occupata non è stata ancora visitata per intero, ma le grotte costituiscono un patrimonio ambientale inestimabile.  Anzi, quelle della Lamia sono considerate dai geologi  «la più grande ed estesa emergenza ipogea naturale nota nella provincia di Reggio Calabria, un sito di rilevante interesse geologico, naturalistico ed antropologico».



Si presenta, infatti, come un vero e proprio museo naturale, una sorta di spettacolo architettonico nel ventre della Calabria con meravigliose e lucenti stalattiti e stalagmiti scolpite nel tempo di tutte le dimensioni e forme, con meandri, colonne, pilastri, volte e pareti decorate con raggruppamenti di conchiglie fossili, resti di quegli organismi marini abitanti nell’antico mare d’Aspromonte, qui presenti in esemplari eccezionalmente grandi e ben conservati, prevalentemente del genere Pecten.

Immersa nel verde, in una montagna che la ingloba  quasi a proteggerla, la Grotta della Lamia sfugge ad un primo sguardo perché ben mimetizzata con la natura che le avvolge per intero, ma seguendo le indicazioni si può raggiungere facilmente. Quindi, per poterla visitare, seguire la SS 106 e svoltare per Montebello Jonico, proseguire verso Fossato e da qui verso Lungia. Giunti alla Chiesetta omonima si procede ancora e si fanno pochi chilometri in salita. Ad un certo punto anziché procedere verso monte si gira a sinistra. A pochi metri, sulla destra, un cancello in ferro permette l’ingresso verso il luogo delle grotte. Andando avanti per circa cinquecento metri è possibile incontrare le grotte della Lamia.

Quanta bellezza il nostro Sud. I luoghi divengono ancora più affascinanti dai racconti che nascono dalle nostre terre. Le leggende, la mitologia, le esperienze della gente del posto si fondono e diventano un tutt’uno con l’ ambiente circostante. La Grotta della Lamia conserva in sé non solo il dolore di una madre a cui vengono strappati i figli, ma anche l’ amore che li ha generati. E così, oltre che rifugio della donna disperata divenuta mostro, diviene anche il custode del cuore di Zeus.