domenica 25 giugno 2023

GROTTA DI SANT'ELIA SPELEOTA. MELICUCCA' RC

L’area archeologica rupestre del complesso monastico di Sant’Elia lo Speleota (l’abitatore delle grotte), oggi restaurata e attrezzata per le visite, è una bella testimonianza del monachesimo medievale, della grecità bizantina e di quella vita in grotta che caratterizza numerosi insediamenti nelle pieghe della Calabria ionica e tirrenica.

Elia lo Speleota (863-960), nato a Reggio Calabria, costruisce la sua identità di monaco in una successione di viaggi e soggiorni in Sicilia (presso il monastero di Sant’Aussenzio, alle falde del colle di San Nicone, vicino Taormina), a Roma (dove veste l’abito di monaco basiliano, forse nell’abbazia greca di Grottaferrata) e a Patrasso, in Grecia.







Al ritorno da Patrasso Elia, insieme ai monaci Cosma e Vitale, si ritira a condurre vita di penitenza nella grotta di Melicuccà. Qui, ben presto, gli abitanti dei paesi vicini, attratti dalla sua fama di santità, vengono a visitarlo, ascoltarlo, a ricevere da lui conforto e incoraggiamento. L’11 settembre del 960, quasi centenario, Elia muore e viene sepolto nel sepolcro da lui stesso  scavato nella grotta. Lì il suo corpo rimane sepolto fino al 2 agosto 1747 data di scoperta e ricognizione delle sue ossa.




Elemento centrale della visita all’area rupestre è la grotta principale del complesso che ha sempre funzionato come chiesa del vicino cenobio basiliano, costruito sulla rupe vicina, in spettacolare posizione panoramica, e rimasto attivo fino al Settecento. Oggi la chiesa-grotta è il principale luogo di culto del Santo e ospita ancora un’episodica vita liturgica. Caratteristico è il continuo gocciolio dalla volta, raccolto da un’acquasantiera, che ha preso il nome di ‘acqua del santo’.
















Prossime alla chiesa sono due grotte che ospitano una sorta di fattoria rupestre utilizzata dai monaci. La prima è dotata di un palmento seicentesco, erede della lunga tradizione di produzione vinicola che risale già al decimo secolo. La vasca per la spremitura dell’uva ha una forma allungata ed è rivestita di malta cementizia. Da un ugello sul fondo il mosto defluiva nella seconda vasca, posta più in basso e destinata alla decantazione e alla fermentazione.


La seconda grotta contiene un grande silos per la conservazione dei cereali, a profilo ovoide, doppio, scavato nella roccia del piano pavimentale.
































Una curiosità. La zona archeologica confina con il percorso della ferrovia a scartamento ridotto Gioia Tauro – Palmi – Sinopoli.

Un tratto di binario e una galleria sotto la rupe del monastero valgono a ricordare quel tratto interno delle Ferrovie Calabro-Lucane, dismesso definitivamente nel 2011, che collegava a Gioia le stazioni di Melicuccà, Valli, Sant’Eufemia d’Aspromonte e Sinopoli – San Procopio.






Le indagini archeologiche della Soprintendenza calabrese hanno anche messo in luce un’area cimiteriale con undici tombe a fossa di forma antropomorfa e di età bassomedievale scavate nel banco roccioso. Il cimitero messo in luce nel 2005 nasce e si organizza intorno alla tomba di un personaggio importante della comunità monastica, isolata all’estremità del terrazzo e sormontata da un piccolo monumento funerario.





 

domenica 26 marzo 2023

FAVAZZINA

 Favazzina è un paesino di un centinaio di anime laboriose, immerso tra gli agrumi e i fichi d’india, lambito dall’omonimo torrente e affacciato sul Mar Tirreno, con splendida veduta sulle Isole Eolie e lo Stretto di Messina. E’ sovrastato da pendici montane, a picco sul mare, che hanno dato spazio a fertili “terrazze” per la coltivazione di uva “zibibbo” e dei pregiati limoni che sono un vero e proprio miracolo della natura e della perseveranza dell’uomo. A Favazzina, non c’è l’ordinario pianeggiante territorio delle culture agricole, c’è la montagna che precipita nel mare e su quel forte declivio, con pazienza e “armacie”, i contadini, lavorando in “verticale”, hanno infatti creato la popolazione dei preziosi limoni DOP “sfusato di Favazzina”, nutriti dalle pure acque che scendono dall’Aspromonte, dal salmastro del mare e dalla viva roccia.

Grazie alla tranquillità e semplicità che vi regnano Favazzina, frazione di Scilla, è oggi una località turistica in crescita. E’ raggiungibile rapidamente da Scilla lungo la SS 18. Nella piazzetta presenta la cinquecentesca Chiesa di Santa Croce, distrutta dal terremoto del 1783 e ricostruita nel 1822. Poco distante sono visibili i resti di un’antica filanda, di mulini ad acqua e di una centrale idroelettrica.