sabato 4 agosto 2018

Pentedattilo

Pentedattilo

Posto a 250 metri s.l.m. Pentedattilo sorge arroccato sulla rupe del Monte Calvario, dalla caratteristica forma che ricorda quella di una ciclopica mano con cinque dita, e da cui deriva il nome del borgo in lingua greca πέντα-δάκτυλος (traslitterato pènta-dàktylos), cioè "cinque dita].
Sfortunatamente alcune parti della montagna sono crollate ed essa non presenta più tutte e cinque le "dita", ma rimane comunque un posto affascinante e pieno di mistero, uno dei centri più caratteristici dell'Area Grecanica.
Quello che era l'antico paese è risultato, fino a pochi anni or sono, quasi del tutto abbandonato: la popolazione era infatti migrata leggermente più a valle formando un nuovo piccolo centro dal quale si poteva ammirare il vecchio paese fantasma.
Solo ultimamente nel borgo sta risorgendo una serie di attività: artigiani locali hanno aperto alcune botteghe per la vendita dei propri prodotti, ed è presente un ristorante. Il parziale ripristino del borgo ha compreso il rifacimento della pavimentazione della stradina principale ed il restauro di alcuni edifici.



Colonia calcidese nel 640 a.C., fu per tutto il periodo greco-romano un fiorente centro economico della zona; durante il dominio romano divenne inoltre un importante centro militare per la sua strategica posizione di controllo sulla fiumara Sant'Elia, via privilegiata per raggiungere l'Aspromonte.
Con la dominazione bizantina iniziò un lungo periodo di declino, causato dai continui saccheggi che il paese subì prima da parte dei Saraceni ed in seguito anche da parte del Duca di Calabria.
Nel XII secolo Pentedattilo fu conquistato da Normanni e, con i paesi di Capo D'Armi, Condofuri e Montebello Ionico, fu trasformato in una baronia affidata alla famiglia Abenavoli Del Franco dal re Ruggero d'Altavilla.
Col passare del tempo l'egemonia feudataria degli Abenavoli Del Franco si restrinse e il governo del paese passò alla nobile famiglia reggina dei Francoperta; nel 1589, a causa di debiti e questioni di illegittimità, il feudo fu confiscato a Giovanni Francoperta e venduto all'asta dal Sacro Regio Consiglio per 15.180 ducati alla famiglia degli Alberti insieme al titolo di marchesi.
La dominazione degli Alberti, nonostante i tragici eventi legati alla cosiddetta Strage degli Alberti, durò fino al 1760 quando il feudo fu venduto ai Clemente, già marchesi di San Luca, e da questi ai Ramirez nel 1823.
Nel 1783 Pentedattilo fu gravemente danneggiato da un devastante terremoto, e in seguito al sisma iniziò un costante flusso migratorio verso Melito Porto Salvo che perdurò sino al periodo risorgimentale; proprio a causa dello spopolamento nel 1811 il comune fu trasferito a Melito Porto Salvo e Pentedattillo ne divenne frazione.
A metà degli anni sessanta del XX secolo il paese fu completamente abbandonato fino ai primi anni ottanta, quando fu riscoperta da giovani ed associazioni. Iniziò così un lento cammino di recupero ad opera di volontari provenienti da tutta Europa.




































































































































































































































































































































































































giovedì 2 agosto 2018

ferdinandea


FERDINANDEA



« Fresca profonda verde foresta. La luce vi è mite, delicatissima, il cielo pare infinitamente lontano; è deliziosa la freschezza dell'aria; in fondo al burrone canta il torrente; sotto le felci canta il ruscello ...
Si ascende sempre, fra il silenzio, fra la boscaglia fitta, per un'ampia via ...
Tacciono le voci umane ...
Non v'è che questa foresta, immensa, sconfinata: solo quest'alta vegetazione esiste.
Siamo lontani per centinaia di miglia dall'abitato: forse il mondo è morto dietro di noi.
Ma ad un tratto, tra la taciturnà serena di questa boscaglia, un che di bianco traspare tra le altezze dei faggi.
Questa è Ferdinandea. »
(Matilde Serao, Corriere di Roma del 19 settembre 1886)


Nel 1833 Ferdinando II di Borbone si reca in zona per inaugurare le nuove ferriere costruite sulle rovine delle Ferriere del Piano della Chiesa. L'area prenderà il nome in suo onore[. Le ferriere sarebbero servite per produrre ghisa in supporto alle altre di Mongiana raggiungibili da un tratturo. La prima colata avverrà nell'altoforno Sant'Antonio ed il re alloggerà per poche ore negli appartamenti antistanti.
Successivamente vi costruirono la caserma, gli edifici residenziali e amministrativi, le scuderie e le stalle
Con la nascita dello stato italiano il governo italiano vende tutti gli stabilimenti siderurgici e i boschi del circondario ad un'asta vinta dall'ex garibaldino e poi parlamentare del nuovo regno Achille Fazzari nel 1874. Egli tentò di riattivare il centro siderurgico chiuso all'inizio del Regno d'Italia per motivi politici ma alla fine abbandonò i beni di Mongiana anche per l'assenza di aiuti da parte del governo e riconvertì tutto in un'azienda agricolo-pastorale. Si dedicò tuttavia alla zona della Ferdinandea dove vi era la produzione di acqua minerale, una piccola centrale idroelettrica (Centrale idroelettrica Ferdinandea usata poi nella seconda metà del '900 come cabina elettrica di supporto alla Centrale idroelettrica Marmarico]), e segherie. Alla fine dell'Ottocento per volere di Fazzari furono anche costruite due tratte ferroviarie, delle quali una lunga 20 km partiva da località Cerasella, passando per Ferdinandea e arrivava nella frazione di Caulonia a Ziia.
Per 40 anni la Ferdinandea diventa un importante centro economico calabrese