Inaugurato nel 1952 per volere dell'arcivescovo Giovanni Rizzo, fu il primo Museo Diacesano ad essere istituito in Calabria. La struttura museale nacque all'interno di alcuni locali ricavati dalla sagrestia della Cattedrale di Maria Santissima Achiropita. Nello spazio composto da due sale vennero raccolte testimonianze artistiche, suppellettile sacra e liturgica, insieme ad altro materiale documentario di varia epoca, compreso il prezioso Codex Purpureus Rossanensis Nel 1977, per volere dall'Arcivescovo Mons. Antanio Cantisani, si effettuò un primo riordino delle due sale espositive. Nel 1985, visto il crescente interesse da parte di studiosi e visitatori di tutto il mondo il Codex Purpureus Rossanensis, si rese necessario un adeguamento degli spazi espositivi. Nel 1988 iniziarono i lavori di ristrutturazione e di ampliamento del Museo, utilizzando due ali del Palazzo Arcivescovile retrostanti la Cattedrale e il 9 dicembre 2000 venne inaugurata, dall'Arcivescovo Mons Andrea Cassone, l'attuale sede del Museo Diocesano di Arte Sacra. Il 27 gennaio 2007 I'Arcivescovo Mons. Santo Marcianò promosse, presso la sede UNESCO di Roma, la candidatura del Codex Purpureus Rossanensis per essere inserito nel registro "Memory of the World mentre, nel 2010, sostenne il progetto di Valorizzazione e di Musealizzazione del Codex. Nel 2012 ebbero inizio, presso l'Istituto Centrale per il Restauro e la Conservazione del Patrimonio Archivistico e Librario (ICRCPAL) di Roma, i lavori di restauro dell'antico evangelario. Nel 2015 I' Arcivescovo Mons. Giuseppe Satriano ha avviato i lavori di restauro e di ammodernamento del museo ed ha promosso e favorito, di concerto con il Ministero dei Beni Culturali, ulteriori migliora- menti della struttura museale e la suddetta candidatura. Il museo, inaugurato il 3 luglio del 2016, si presenta oggi con una moderna riorganizzazione degli spazi espositivi e una nuova denominazione in Museo Diocesano e del Codex.
Codex Purpureus Rossanensis è l'opera più preziosa custodita in Museo. Si tratta di un Evangeliario miniato che contiene l'intero Vangelo di Matteo, quasi tutto quello di Marco, e una parte della lettera di Eusebio a Carpiano sulla concordanza dei Vangeli stessi É costituito da 188 fogli di finissima pergamena purpurea. In origine doveva certamente comprendere tutti e quattro vangeli, in uno o due volumi, preceduti ciascuno dall'indice dei capitula. La scrittura utilizzata è la maiuscola biblica , il testo è distribuito su due colonne di venti righe, di cui le prime tre che costituiscono Tincipit dei Vangeli sono vergate con inchiostro d'oro, mentre le altre sano in argento.
Le miniature conservate sono quindici. Di esse, dodici raffigurano eventi della vita di Cristo, una fa da titolo alle tavole dei canoni andate perdute, una costituisce la cornice alla lettera di Eusebio a Carpiano e l'ultima è un ritratto di Marco, che occupa l'intera pagina.
Il Codice è stato realizzato in uno dei centri di attività scrittoria di matrice bizantina, riconosciuto dalla maggior parte degli studiosi in Antiochia di Siria. La datazione del Codice è circoscritta tra il V e il VI secolo dai maggiori storici dell'arte bizantina e dai paleografi.
Non si conosce con precisione il motivo del suo arrivo a Rossano, probabilmente durante la diffusione del bizantinismo in Calabria e nel Mezzogiorno o in seguito alle persecuzioni iconoclaste, scatenate da Leone III Isaurico.
Il Codice è documentato con sicurezza a Rossano solo a partire dal 1831, precisamente dall'anno segnato sulle annotazioni a penna di Scipione Camporota degli indici cartacei a esso acclusi, poco tempo dopo la sua prima citazione da parte di Cesare Malpica (1845) e ancor più avanti la presentazione alla comunità scientifica ad opera degli studiosi tedeschi Adolf von Harnack e Oscar von Gebhardt (1883).
Il 9 Ottobre 2015 il Codex è stato riconosciuto dall'Unesco di Parigi Patrimonio Uni- versale dell'Umanità, nella categoria "Memory of the World"
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