venerdì 6 agosto 2021

AMANTEA Centro storico

La presenza di insediamenti umani nel territorio di Amantea è attestata già in età preistorica e protostorica (ritrovamenti di ceramica di Stentinello, ossidiana lavorata proveniente dalle isole Eolie, architettura rupestre funeraria, rinvenimenti di altri materiali).
La recente scoperta di un santuario del sec VI a.C. in località Imbelli e di un ricco deposito votivo, che ha restituito molti interessanti reperti, testimonia dello stanziamento di coloni greci nella zona di Campora S.Giovanni in età arcaica. Nel territorio di Amantea sono state rinvenute anche ceramiche campane del sec. IV a.C.


Popolazioni brettie si sono, forse, stanziate sul pianoro di sommità del colle roccioso che sovrasta Amantea e nelle immediate adiacenze di esso, dando origine al piccolo abitato di Clampetia sottomessa dai Romani nel 204 a.C., con deduzione di una colonia (ager clampetinus).Il nome Amantea compare nel sec. VII d.C., come si deduce dalle tavole dell’Anonimo Ravennate.       Probabilmente, a partire da quest’epoca, nasce l’insediamento rupestre bizantino





Nell’839 gli Arabi occupano la città tirrenica e ne fanno sede di un Emirato.

Nell’885 l’esercito bizantino di Niceforo Foca scaccia gli occupanti.
Poco dopo la liberazione viene elevata a sede vescovile di rito greco figurando tra le diocesi suffraganee di Reggio Calabria.

















Il 1094, per volontà del duca normanno Ruggero, viene soppressa la sede vescovile di Amantea che è aggregata con il titolo di “diocesi inferiore” a quella di Tropea. Nel 1269 i suoi abitanti si ribellano ai nuovi invasori angioini nel nome di Corradino di Svevia e subiscono un’assedio che termina con la loro sconfitta.




Nel 1495 si oppongono vittoriosamente alle truppe di Carlo VIII che aveva osato infeudare la città demaniale a Francesco d’Alengre, Maresciallo del Regno.

 

Amantea non fu mai infeudata, se non per un brevissimo e travagliato periodo alla metà del XVII secolo. La cittadina mantenne sempre lo status di Città Demaniale, con istituzioni proprie. Amantea subirà l'occupazione francese prima nel 1799, poi nel 1807, la seconda volta dopo strenua resistenza agli invasori d'Oltralpe.


























































 

domenica 30 maggio 2021

AMENDOLEA (Amiddalia in greco di Calabria, ovvero mandorleto) 2021

Posto “a meta strada tra la terra e il cielo”, Amendolea, frazione di Condofuri, è uno dei siti più affascinanti dell’intera regione. Il borgo sorge su uno sperone roccioso che guarda la fiumara omonima, nel punto in cui questa riceve la fiumara di Condofuri, formando la penisola della Rocca del Lupo.

Il primo documento noto del borgo ricorda una controversia scoppiata nel 1099 per la spartizione di Amendolea e Bova, conquistate trent’anni prima dai fratelli Framundo e Riccardo di Losdo, compagni di Roberto e Ruggero d’Altavilla. In conseguenza della morte di Framundo, Riccardo, divenuto amministratore dei beni del fratello, fu però restio a trasferire il feudo di Bova al nipote Gugliemo, il quale, per ottenerne la restituzione, si rivolse con successo al Sovrano. Amendolea rimase quindi a Riccardo, che dovette accontentarsi di un feudo più piccolo. Risale a questo periodo la realizzazione della torre mastio sul lato Nord dello sperone roccioso, illuminata da due grandi finestre arcere, una delle quali ostruita, nella metà del secolo successivo, durante la costruzione del nuovo donjon. Tra il XII secolo e la metà del Duecento si datano il torrione sul lato opposto e il grande palacium castri, dove nel corso del XII secolo sappiamo risiedeva Agnese di Couternay, esponente di una delle più influenti famiglie normanne del Regno di Gerusalemme. Suo nipote, Guglielmo Amendolea, entro in contrasto con che Federico II, il quale gli confiscò i beni, riavuti solo nel 1268 da Carlo d’Angiò. Il prestigio della casata è ben documentato nell’anno  1326, quando Giovanni Amendolea, sposo di una rampolla di casa Ruffo, si trova a Firenze al fianco di Carlo duca di Calabria. Con l’avvento degli Aragonesi il castello passò dai De Balzo ai Toraldo. Un nuovo passaggio di proprietà avvenne nel 1459, quanto Ferrante di Aragona punì Antonello Amendolea per aver sposato la causa angioina, concedendo i suoi beni a Berengario Maldà de Cadorna. È in questo momento che emerge a Napoli la figura del figlio di Antonello Amendolea, Coletta, poeta volgare alla corte di Alfonso d’Aragona, noto per ballate, barzellette e strambotti, in cui, il ricordo della sua vallata, si riconosce nelle invettive, nella vivacità popolaresca e nella sua attraente e spericolata impudenza espressiva. Il poeta tuttavia non riebbe mai il castello calabrese, passato nel 1495 a Bernardino Abenavoli del Franco e in seguito ai Martirano (1528-32), ai Mendoza (1532-1597) ed infine ai Ruffo di Bagnara (1624), che lo mantennero fino al 1794, quando cessò di fungere da sede residenziale.